In attesa della revisione della traduzione completa delle tre novelle esemplari di cui parla Huidobro in questa lettera ad Hans Arp, pare giusto pubblicare la lettera medesima. I due amici scrissero le opere in collaborazione; in esse si respira il cubismo un po' stantio, il surrealismo già abusato e anche un po' di Dada - datato. Ma meritano di essere lette lo stesso.
Novela in spagnolo vuol dire romanzo, tanto per esere philologically correct. E per correttezza storica e letteraria, d'altro canto, va detto che di novelle esemplari la letteratura in lingua spagnola ne aveva già una dozzina.
Più intimamente, l'autorità del cileno ci serva a giustificare i nostri ding, la nostra esperienza di blog collettivo e l'insuccesso non più tanto evidente dei nostri post.
Huidobro secondo Harp, 1931 ca.
(trovato in giro per internet)
Palma di Mallorca, agosto 1932
Egregio Hans Arp
Caro Hans:
approfittando della mia permanenza a Barcellona, di strada per Mallorca - dove passerò le vacanze - ho consegnato ad un editore le nostre Tre Novelle Esemplari. L’editore le ha trovate brevi per farne un libro e mi sono visto obbligato io solo a scriverne altre due. Queste due, che ho intitolato Due esemplari di Novella, te le dedicherò in ricordo di quelle vacanze che passammo insieme ad Arcachon e di quelle notti in cui al momento del dolce ci intrattenevamo a scrivere insieme le tre novelle tanto esemplari che stanno all’inizio di questo libro. Conservo il ricordo delle tue risate e ancora mi pare di vedere quei lampi repentini che illuminavano i nostri occhi in certi momenti.
Ho sempre ritenuto impossibile scrivere un libro in collaborazione con qualcuno e poter accordare i miei strumenti con quelli dell’altro. Con te la cosa è andata tanto bene che non so spiegarmene il perché, se non per una certa fratellanza di spirito che è sicuramente la ragione per la quale la nostra amicizia è stata sempre solida e senza macchie.
Molti diranno, leggendo queste pagine, che noi sappiamo solo ridere. Ignorano ciò che la risata significa, ignorano la potenza di evasione che è in essa. Credono che un poeta non possa avere più di un aspetto; hanno un’anima monocorde e giudicano gli altri così, come sono loro.
Queste pagine non corrispondono, è chiaro, a tutta la nostra opera né a tutto il nostro integrale essere. Sono solo una sfaccettatura del nostro spirito e mal ci giudicherebbe chi solo attraverso di esse volesse vederci. Tuttavia, in loro c’è più che risate e burle.
Nella mia opera teatrale Gilles de Raiz c’è una scena in cui Gilles dice: “Se non ridesse in questo momento, il mio cervello esploderebbe”. Per quanti uomini la risata è una valvola di sfogo salvifica come lo è il pianto. Quante volte saremmo esplosi se non avessimo riso. L’anima popolare, che possiede tante intuizioni, lo ha indicato in due dei suoi detti più ricorrenti: “Scoppiò a ridere. Scoppiò a piangere”. Quelle frasi racchiudono in sé un concetto più profondo di quanto non credano e di quanto la gente non gli attribuisca; tanto profondo che non gli si nota. Significa che a volte scoppiamo a ridere o a piangere per non esplodere. Sono sicuro che un giorno la scienza potrà provare la mia affermazione.
Ma credi che valga la pena spiegarsi e spiegare le nostre opere a scanso di possibili equivoci? Sappiamo che nessuno può limitare il nostro campo e che l’apprezzamento altrui significa solo una pietra o un fiore in mezzo a un continente o a un pianeta. La poesia non è obbligata ad essere ciò che certi signori vogliono che sia o credono che sia, ne ciò che essi vedono in lei.
Un abbraccio dal tuo vecchio amico che ti vuol bene e ti ricorda costantemente,
Vicente Huidobro
1 commento:
Ghighii!!
Da notare l'orario di pubblicazione, per non fare a cozzi con M.M.
" [...] il surrealismo già abusato e anche un po' di Dada - dadato."
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