domenica 11 ottobre 2009

per una concezione olistica del cane


Un giorno l’uomo inventò il cane, il cane: un animale subalterno?
La storia del cane —probabilmente qualcuno l’avrà già scritta— ebbe inizio nel momento in cui l’uomo decise di includere tale essere nella sua vita. Fece ciò per diverse ragioni, prima tra tutte per sopprimere la deficienza umana della velocità nell’attaccare la preda nell’atto della caccia, ultima tra tutte per il bisogno di compagnia e di adornamento del salotto di casa, o della casa in generale, o del giardino. Queste due necessità, ancora oggi vive, dimostrano che, come il cane, anche l’uomo è un animale subalterno al cane, pur non essendone pienamente cosciente.
Un giorno il cane inventò l’uomo… e questa è una storia che, personalmente, non sono ancora in grado di raccontare.
Il cane, non essendo capace di scrivere la propria storia, di registrare a lungo termine la propria memoria, non può far altro che subordinarsi inconsapevolmente alla storia che qualcun altro pensa e scrive per lui. Poiché questi, il cane, non si preoccupa minimamente della sua figura nel tempo e nello spazio e probabilmente preferisce oziare al sole o seguire gli odori a lui più congeniali, senza sentire il bisogno di tracciare un percorso specifico. In questo caso, forse, non dimostra tanto la sua subalternità, quanto il proprio potere decisionale e la propria libertà incondizionata. Non tutti i cani però hanno per abitudine il poltrire al sole, o sono liberi di vagare seguendo odori accattivanti. I cani che si possono permettere queste libertà sono i cosiddetti randagi, spesso oggetto della sofferenza umana; si crede infatti che questi non abbiano di che vivere, si immagina di mettere loro un bel guinzaglio e portarli a casa, cosa che tuttavia comporta una serie di obblighi dell’uomo nei confronti del cane. Dunque anche l’uomo, nella sua magnificenza, si dimostra subalterno al cane: pur considerandosi un essere superiore, dovrà rispondere a degli impegni che, se violati, sfocerebbero in questioni moralmente inaccettabili.
Esistono diversi tipi di cani, così come esistono diversi tipi di uomini, non in senso discriminante, ovvio. Per i cani la questione della razza è ancora ammissibile: è comunemente accettata e riconosciuta. I tanti tipi di razze canine sono opera del genere umano, create per rispondere a esigenze diverse. Si noti ad esempio l’evoluzione del Bull Dog inglese, un tempo snello e agile, usato dalla polizia, e oggi ridotto a un essere quadrato con scarse possibilità motorie. Inizialmente, forse, questa sperimentazione e differenziazione, aveva come scopo quello di dotare il cane di certe caratteristiche che lo aiutassero a svolgere compiti specifici; oggi le esigenze sono molteplici e più inclini a una questione meramente estetica. Tuttavia lo scopo di questo scritto non è discorrere sulla storia del cane, che ha circa 15000 anni, ma solo introdurre il lettore a una visione più ampia di quest’essere.
Conclusa questa breve parte informativa, passerò a descrivere un processo circa l’osservazione del cane da parte dell’uomo, ovvio, perché uomini siamo, uomini nel senso di genere umano, uomini e donne, non dive. Tale osservazione si dimostra molto più produttiva se ha come oggetto il cane meticcio, che, per natura, presenta una serie di peculiarità, certe volte apparentemente discordanti tra loro; senza nulla togliere al cane di razza che merita lo stesso rispetto del meticcio, comunemente chiamato bastardo.
L’osservazione del cane è cosa semplice e si compone di tre fasi.
Per prima cosa è necessario osservare l’animale cercando di identificare certi suoi comportamenti con i propri. Questa fase la chiameremo processo di umanismo canico e serve a eguagliare la posizione del cane a quella dell'uomo. Tutto ciò può richiedere diverso tempo, ma dipende comunque dalla persona, poiché esiste chi, per natura, riesca a passare per le tre fasi con molta facilità. Dopo ciò dovrebbe risultare naturale all’osservatore che, nonostante questo procedimento umanizzante, è impossibile che il cane diventi un uomo o viceversa.
La seconda fase consisterà quindi nel creare una sorta di unione tra uomo e cane che potremmo chiamare panismo umano-canico: uomo e cane, due esseri pensanti in natura, intesa come spazio generico.
Ecco così che giungiamo alla terza e ultima fase (visione canica) quella che permette di avere l’illusione di una osservazione "pura" del cane e che esige un ulteriore sforzo da parte dell’uomo che, per necessità, dovrà abbandonare la sua posizione panica (2° fase) e regredire alla prima fase; l’uomo tornerà ad avere il pieno possesso della propria coscienza e potrà tuttavia osservare il cane in modo diverso, ricordando la percezione sensoriale avvenuta durante la seconda fase.

Grazie per l'attenzione.

venerdì 9 ottobre 2009

Guardo ma non tocco

27/06/2009

QUESTA È UN'OPERA D'ARTE
TITOLO Il Ninja Surimo
LAPIS SU ROTOLO DI CARTONE

(Autore: M. M.)