lunedì 28 febbraio 2011

QUANDO LUCIO LASCIA L'ASCIA

Personaggi:
LUCIO
LICIO

LUCIO ha due asce, una scabra e una, invece, liscia. Il suo amico LICIO gli chiede quest'ultima in prestito, pregandolo di lasciargliela alla porta di casa. LICIO, a sua volta, ha due porte, anch'esse una scabra e una invece liscia, perciò chiede all'amico a quale delle due egli desidera che sia lasciato l'oggetto. L'altro glielo dice e in più lo prega di dargli, in quella circostanza, una lustratina alla porta. Indi brindano. Ma lasciamo ai due la parola.

LICIO
Lucio, lascia l'ascia all'uscio.

LUCIO
L'ascia scabra o l'ascia liscia?

LICIO
Lascia all'uscio l'ascia liscia.

LUCIO
Licio, lascio l'ascia liscia all'uscio liscio?

LICIO
Lucio, esci e lascia l'ascia liscia all'uscio liscio, liscia l'uscio e mesci!

(Sipario)

Achille Campanile [DONG, DONG], 87 Tragedie in due battute

sabato 5 febbraio 2011

Perco, perdes

Tutti perdiamo qualcosa. Quello che non perdiamo mai è la coscienza di perdere qualcosa costantemente. Uno perde l'amore e la speranza momentaneamente, si perdono le persone care in modo più o meno permanente, e si perdono anche ombrelli e in maniera permanente. Ci sono gli oggetti che si nascondono, fino a quando ti rendi conto che se ne sono andati, hanno fatto fagotto e non li rivedrai, anche se frughi cento volte nella stessa tasca. Più di una volta capita di perdere qualcosa e non rimpiangerla. Significa che non l'abbiamo persa, ma l'abbiamo solamente tolta di mezzo perché ingombrante e inutile. 
Nel momento della perdita e in tutti quelli immediatamente successivi, può venire incontro la capacità di impersonificazione. Non solo negli altri, ma nel nostro io futuro. Rivolgiamo l'attenzione ai nostri ii passati, a riprova: guardiamoli nelle foto, leggiamoli nei diari, li sentiremo ridicoli, attempati, ci faranno tenerezza, come un bambino, o come qualcuno che non sa ancora niente. Saremo sicuri che quelli non siamo noi. Noi siamo già un io passato, adesso. Focalizzare sé stessi già nel momento in cui avremo superato una perdita, ajuta a semplificare e a ridurre il proprio io attuale, a minimizzare certi moti dell'anima che ci sembrano enormi e che ci fanno patire. Entrare nel capo di qualcun altro diverso da noi, allo stesso modo, ci distanzia dalla mutilazione, perché quest'altro non ha alcun bisogno di avere quello che abbiamo perso, e noi non abbiamo bisogno di ritrovare ciò che ha perso lui.

mercoledì 2 febbraio 2011

L'insipienza

Noi siamo quella generazione che sa molte cose del pensiero dell'uomo, senza capirle fino in fondo; senza averle sperimentate in prima persona. Abbiamo studiato su antologie di autori, e quando l'abbiamo fatto nel migliore dei modi possibili, li abbiamo letti; non li abbiamo mai fatti nostri se non per simpatie personali (e noialtri ancora peggio: per rimandi, ricorrenze e piacevoli coincidenze).
Parliamo di cose di cui non abbiamo esperienza, citiamo Nietzche senza saperlo neanche scrivere per bene: e chi ha mai letto qualcosa scritto da lui? Siamo una falsa elite culturale. I titoli che possediamo non corrispondono ai nostri meriti*.

Socrate sapeva di non sapere.
Noi sappiamo che Socrate lo sapeva, ma soltanto perché ce l'hanno riferito: conoscitori di terza e quarta mano. I nostri figli non sapranno che Socrate professava la sua ignoranza - senza avere più e migliori titoli dei nostri per farlo - e i nostri nipoti non sapranno chi è Socrate. Nè ci dobbiamo crucciare: basta far propria la condizione del riciclo, l'arte della rimasticazione (o della pappa scodellata?) e la poetica del sentito dire.
Importa solo quello che è oggi; e oggi importano solo le cose che sono.


*Esempi di cose che fingiamo di sapere:
- le poesie dei latini
- il decadentismo in Italia
- la cucina (soprattutto i vini) e la Rivoluzione francesi
- il cinema italiano quello serio
- l'inglese
- Walter Benjamin
- Schopenhauer
- i grandi romanzi russi
- scrivere
La lista potrebbe essere allungata (invito a contribuire)

Mi scusi chi si senta offeso.