venerdì 30 aprile 2010

Basta con gli indecisi - Anticonforme a destra

Va detto che è l'ora di dire basta a chi non sa decidere cosa sia l'arte contemporanea, sive l'arte dei nostri giorni.

Un suggerimento: lasciate da parte l'autorità. Verrebbe da dire smettete di studiare, tanto il canone si è perduto da tempo, perchè da tempo si è persa la coscienza sociale - collettiva; io per questo motivo, oltre che per affetto, faccio le cose in tre (chi fa in tre fa per sé più che da solo).
Qual è il senso di tanto affannarsi nel sapere quello che è successo prima per valutare quello che si fa oggi? Forse che si tratta di azioni/oggetti/opere meno vicini all'umano, più lontani dal divino, più veri o meno falsi, dice di sì.

domenica 25 aprile 2010

Che cosa vuole?

Dopo Pasqua, la Libera Azione
Cento giorni da peeecora, la domenica da leone.
Finalmente soli, è una giornata
Intensa, vissuta, logorata
Un momento di naturalezza
In un'ondata di svogliatezza.

Toc toc, chi è?
Sono la domenica alle sei
Non avevo niente da fare
Sono venuta a rompere le balle
Tanto per sdrammatizzare.

RivoluZio-NARI

Finalmente è arrivata la notte in cui pubblichiamo il Manifesto del Ding:

Il Manifesto del nostro pensiero
Il Manifesto del nostro pensare

Non si può dire nulla di migliore di quanto il Manifesto dica di sé stesso:

"La natura del nostro manifesto è indiscutibile e se il lettore è un essere penZante ne comprenderà appieno il motivo."

venerdì 23 aprile 2010

ANIMALI D'EUROPA - Bichos (1940) le bestie di Miguel Torga a puntate poco appuntate

MAGO (3)

Fuggì sui tetti, sconvolto. La luna sempre più bianca, là in alto, lo guardava sdegnato. La città, addormentata, sembrava un cimitero infinito. Dal campanile di una chiesa si udiva un cinguettio mal augurante.

Aveva giocato in quel duello i suoi resti di dignità. E aveva perso. D’ora in poi sarebbe stata solo umiliazione, senza speranze. Lui, che aveva tenuto tra le braccia il corpo debole e delicato di Boneca, lui, l’eletto di Moira-Negra, lui, il compagno delle notti di Hilário, lui, Mago, relegato definitivamente a un mondo di pantofole e tappeti! Privato, per il resto dei suoi giorni, di pensare anche alla semplice brezza di umida freschezza che ora passava attraverso le sue narici lasciando delle goccioline sui suoi baffi… Condannato per sempre all’afa del maledetto salotto della signora Sância! Destino malvagio! E tutto per colpa della vecchia… Se non fosse per lei, invece di andare là sciancato e a mancare sinistri, si troverebbe al Tinoco a guaire come tutti gli altri, dopo aver fatto a pezzi Zimbro… Invece, arrancava penosamente per quel cammino di disperazione, come un moribondo che dà l’ultimo addio alla vita… Misero destino! Vessato, vinto, colpito sul corpo e nell’anima… E tutto per colpa di quell’odiosa bigotta!

En

EN

El corazón del pájaro
El corazón que brilla en el pájaro
El corazón de la noche
La noche del pájaro
El pájaro del corazón de la noche

martedì 20 aprile 2010

ANIMALI D'EUROPA - Bichos (1940) le bestie di Miguel Torga a puntate poco appuntate

MAGO (2)

- E hai lasciato Faísca!...

- Io?

- Lei ora sta con Zimbro... si dice in giro. Ha pure avuto cinque piccoli da lui…

- Sono miei! Solo miei! Sangue del mio sangue!

Fandonie. Aveva davvero fatto una triste figura. Parole codarde… quella figliata era di Zimbro. Si notava pure. Avevano tutti quell’occhietto cisposo… Era proprio diventato un pigro, un infelice, anche se non lo ammetteva. Le coccole della signora Sância lo avevano fatto cadere in disgrazia. Ah, ma le cose sarebbero cambiate presto! Non ne poteva più di essere accarezzato. Poco tempo prima era andato dalla compagna, pronto a imporre la propria autorità.

La Fornace di Dario

Fatta eccezione per i luoghi comuni, difficilmente i luoghi si raccontano da soli; è necessario andarli a scovare.

Una fornace abbandonata è prima di tutto un luogo orfano, un relitto. Così come una nave che giace in fondo al mare, la vecchia fabbrica si nasconde allo sguardo, ma in senso lato poiché si manifesta ancora in tutta la sua mole e a differenza della carcassa marina si espone all’occhio umano, che reagisce il più delle volte con indifferenza o sdegno di fronte all’attuale inutilità della costruzione.

Una nave rimasta per secoli sul fondo del mare, inoltre, porta con sé un alone di mistero e, pur non custodendo un tesoro, l’enigma che la avvolge aiuta senz’ombra di dubbio ad alimentare anche la curiosità dei più disattenti. Come la maggior parte delle cose vecchie e inutili, invece, la fornace è stata consegnata all’inevitabile passare del tempo, è stata abbandonata, dimenticata. Eppure rimane là, ferma e immobile, disponibile allo sguardo. Si notano infatti i passaggi di tempo dentro all’edificio: scarpe, bottiglie, vestiti, addirittura un letto, dove forse qualcuno, dimenticato come la fornace, dorme ancora.


domenica 18 aprile 2010

ANIMALI D'EUROPA - Bichos (1940) le bestie di Miguel Torga a puntate poco appuntate

MAGO

Mago respirò a fondo. Dilatò le narici riempiendo il petto d’aria o di chiar di luna, non ne era certo, perché la notte era chiara come il giorno e immobile come una montagna. Ma, di frescura o di luce che fosse, quell’onda bevuta in un sorso lo inondò, facendo scorrere su tutto il suo corpo un fremito di nuova vita. Allora si stirò tutto, ritto sulle quattro zampe, incurvò la schiena rimanendo fermo così per qualche istante: solo muscoli, tendini e nervi, con le ossa che scricchiolavano dalla testa ai piedi. Accidenti, non ne poteva più! Quell’afa nella sala lo stava annientando. Lo lasciava senza forze, tonto, floscio e calduccio come la coperta di lana sulla quale dormiva. Certe volte si può toccare proprio il fondo! Ah, ma quel degrado doveva avere fine! La signora Maria da Glória Sância non poteva certo pensare che sarebbe stato disposto a lasciarsi stare per sempre su quelle gambe flosce da zitella. Ci mancherebbe altro! E, se aveva ancora qualche dubbio, che osservasse con attenzione ciò che stava succedendo in quel preciso momento: lei a russare sola, su quel morbido letto, mentre lui riempiva i suoi polmoni di ossigeno e libertà. Di sicuro avrebbe aspettato che si addormentasse e, solo allora, blandamente, sarebbe scivolato dalle sue braccia fin sul tappeto e dal tappeto per strada passando dalla porticina di cucina. È una questione di delicatezza, nient’altro. Perché, in fin dei conti, non c’era nessun motivo di fare le cose brutalmente, offendendo chi lo amava… Diavolo, è pur sempre la signora Maria Sância, colei che ha legato al suo collo un filo d’oro! Pensando bene era per questo e altro che era arrivato a quella bella situazione…

venerdì 16 aprile 2010

Ritorno alle origini

Ho trovato l'origine dell'espressione "Un ding nel silenzio", ieri sera. L'avevo del tutto dimenticata. Ecco lo stralcio da cui proviene, mi pareva giusto condividerlo, soprattutto con i miei cobloggher che se lo sono ritrovati già servito.

Aperitivo

Come preambulo a ciò che verrà è utile partire dall'antefatto. È necessario conoscere ciò che scrissi tempo tempo fa che ha poi fatto scaturire una miriade di discorsi, più o meno utili, più o meno ammalianti, più o meno divertenti.
Va precisato però che la spirale della follia giustificata solo dalla sua stessa esistenza non porta da nessuna parte, e chiudersi nel labirinto dei giochetti mentali senza filo di Arianna può essere dannoso...ma poi si trova sempre una via d'uscita.
Scrissi questo Manifesto a nome di un gruppo inesistente e completamente slegato a qualsiasi idea finale. Sentivo solo dentro di me un germe immaginativo che mi poneva quesiti e risoluzioni  del genere.

Basta indugiare adesso eccolo qua, alcuni già lo conoscono, godetevi ad ogni modo il

MANIFESTO DEL PENZIERO CON LA ZETA:
Inutile divagare sulla questione del pensiero in termini filosofici ed antropologici, in particolare perché questa è la sede in cui si parla di penZiero. Esistono varie ragioni per cui decidiamo di scrivere la parola con la Zeta. In primo luogo per provocare i grammatici più ortodossi e la nostra fossile Accademia della Crusca. Scrivere "pensiero" e le sue varianti ("penZare" e coniugaZioni) con la Zeta rappresenta per noi una provocaZione ed un atto di rottura con l'uso imperante e ormai ripetitivo della lingua italiana. Siamo a favore dell'idioletto, per restituire potere ai singoli parlanti in quanto ci opponiamo all'errore che diventa regola solo se diffuso. Al contrario l'immaginaZione del singolo si perderebbe nei meandri della folla, che nessuno sa poi cosa sia. Non vogliamo che tutti adottino la Zeta. vogliamo solo che venga diffusa l'idea della libertà di usarla. Un'altra ragione per cui desideriamo sostituire la esse con la Zeta nella parola pensiero è per sottolineare la differenZa del nostro penZiero. La gente pensa, o pensa di pensare, noi penZiamo, che è ben diverso. Una terZa ragione risiede nel richiamo di un giustiZiere messicano presente nell'immaginario collettivo: Zorro, la Volpe, il ribelle per eccellenZa, perseguitato dalle istituZioni che lo vogliono acchiappare (ma non ci riescono mai). Un po' per provocare i suoi inseguitori, tracciava una grande Zeta per segnalare il suo passaggio. Allo stesso modo, imbracciando la nostra stilografica, vogliamo lasciare un segno visibile del nostro passaggio. Infine, per avere una maggiore corrispondenZa fra il segno grafico ed il segno fonico /ts/, perché anche se è esse in realtà di Zeta si tratta e per dare voce alla carta scritta e stampata, ormai senZa perché non corrispondente a quella di un essere vivente, auspichiamo all'immediata sostituZione della esse con la Zeta. PenZateci. Z (NêZ, Piazza 
Il Campo, inverno 2007-2008)


giovedì 15 aprile 2010

REQUIEM POR UM CÃO (Requiem per un cane)

REQUIEM POR UM CÃO
(Ruy Belo, Transporte no tempo, 1973)

Cão que matinalmente farejavas a calçada
As ervas os calhaus os seixos e os paralelipípedos
Os restos de comida os restos de manhã
A chuva antes caída e convertida numa como que auréola da terra
Cão que isso farejavas cão que nada disso já farejas 

Foi um segundo súbito e ficaste ensanduichado 


Esborrachado comprimido e reduzido
Debaixo do rodado imperturbável do pesado camião
Que tinhas que não tens diz-mo ou ladra-mo
Ou utiliza então qualquer moderno meio de comunicação
Diz-me lá cão que faísca fugiu do teu olhar
Que falta nesse corpo afinal o mesmo corpo 

Só que embalado ou liofilizado?
Eras vivo e morreste nada mais teus donos
Se é que os tinhas sempre que de ti falavam 

Falavam no presente falam no passado agora 

Mudou alguma coisa de um momento para o outro
Coisa sem importância de maior para quem passa
Indiferente até ao halo da manhã de pensamento posto 

Em coisas práticas em coisas próximas
Cão que morreste tão caninamente
Cão que morreste e me fazes pensar parar até 


Que o polícia me diz que siga em frente 

Que se passou então?

Um simples cão que era e já não é

mercoledì 14 aprile 2010

I Passi Perduti - Relazione di un congresso - Parte IV

§4. È attualmente di dominio pubblico il fatto che i poteri dei ciechi eminenti provochino un grande disagio negli eretici e negli apolidi della Cultura. Questa la ragione della pietà universale, la ragione del turbamento, del timore e della cattiva considerazione con cui la generalità dei mortali li vede ascendere agli scranni della Saggezza. Questa la ragione, infine, del dispetto e delle ingiurie che gli proferiscono i sovversivi della Scuola e della Regola, molte volte in espressioni pubbliche e violente come quelle che usò un tale Ernesto Sabato, argentino e panflettario maledetto. Trascrivo: «La mia conclusione è ovvia: Continua a dominare il Principe delle Tenebre. E questo dominio si compie attraverso la Sacra Setta dei Ciechi.»

Que friki eres!

Scusate, ma l'Arial non lo potevo sopportare.

lunedì 12 aprile 2010

I Passi Perduti - Relazione di un congresso - Parte III

§3. È al di là delle mie possibilità un commento sulle materie che sono state lì dibattute, ma, casualmente invaso dal quel «presagio cosciente» (si passi l’espressione) che i ciechi emanano e che in loro costituisce un principio di concretizzazione, sono tentato di affermare che nella profondità delle questioni su cui si è conferito il Congresso ha dato prova di

un metodo universale

possibile, per quanto mi riguarda, solo in una fratellanza di altissimi e serenissimi spiriti. Si sarebbe detto che in quegli inviati l’usura e la conseguente perdita della vista avessero dato luogo ad una capacità superiore di meditazione che fino ad allora era stata impedita dalle sollecitazioni visive del mondo circostante. Da ciò certi poteri di comunicazione interiore di cui i ciechi sono dotati e che si rivelano totalmente inaccessibili per noi, uomini comuni.

domenica 11 aprile 2010

La solita pasta

Passa il tempo sul divano,
dopo il pranzo luculliano;
festa o no, poco importa,
oggi e sempre c’è la torta.

sabato 10 aprile 2010

I Passi Perduti - Relazione di un congresso - Parte II

§2. È opportuno intanto evidenziare l’accordo e la più che segreta disciplina in cui si sono svolti i lavori.

In effetti, trattandosi di un avvenimento che ha riunito rappresentanti di tante e tanto differenti nazioni
era impressionante osservare la precisione con la quale i congressisti si disponevano e si distinguevano tra di loro nonostante non si vedessero
tanto più che avevano dispensato, motu proprio, tutti quei servizi e quei funzionari che abitualmente prestano assistenza in queste assemblee.

venerdì 9 aprile 2010

Scorci di verità

Siamo abituati a vedere in Berlino la città capitale d'Europa, il sogno di molti giovani che cercano un lavoro e una vita diversa ma soprattutto proiettata nel futuro. Parigi, la sua storia artistica e il suo stile inconfondibile. Le tradizioni mai così gradite anche ai ragazzi della Londra, moderna, dinamica e nonostante ciò uguale da sempre a se stessa.
Il porto di Piombino. La ecologicamente corretta Friburgo.

Inoltre, la città, gli incroci, le strade e le autostrade: i non luoghi della modernità, visti però con un occhio che non guarda all'uomo e attraverso una raffigurazione che non lo prende in considerazione come sostanza, ma come presenza ed essenza dello spazio.

Ogni città perde le sue specificità nell'opera di Claudio Cionini, e così i tetti di Parigi non sono quelli che il turista o il sognatore vorrebbe vedere da Montmatre, non c'è traccia di una Potsdamer Platz nè del Big Ben, così come li conosciamo, anche dove essi sono raffigurati; case, palazzi e cieli si mescolano, assieme a marciapiedi, alberi e semafori. Le automobili, le "macchine", sono l'unico elemento che ci da la certezza della presenza umana, oltre a piccole macchie, ombre di uomini, che si intravedono - a volte.

“Siegessäule” 2009
www.claudiocionini.com

Le opere, sempre dure tavole di legno, sono pervase da una luminosità sterile e fredda, da sala operatoria; e lo sguardo è quello di un chirurgo, che analizza lo spazio tra le forme che copia dalle fotografie della realtà in cui l'artista ha vissuto e si è formato, sottolineandole con tratti di matita che, aggiunti ad opera terminata, servono non tanto a suggerire, quanto a evidenziare i piani della materia disegnata, seguendo una prospettiva che quasi sempre punta verso un indefinito, lontano, a volte luminoso ma generalmente incerto. E la materia che disegna è elemento di rottura del raffigurato, disomogenea ma non troppo, la quale, in opere che appaiono non povere di un certo sentimento realista, avvisa l'osservatore che tra lui e il mondo esiste pur sempre un oggetto intermedio; quindi le colature onnipresenti altro non sono che un espediente tecnico straniante che, in quanto tale, non va inteso, ma recepito intimamente.

Una morale prevederebbe un qualche pessimismo aleggiante su questi lavori; ma, nelle tavole, il grigiore è anche luce: è banale, ma anche la verità.

Claudio Cionini, "Scorci di Verità", dal 26 Marzo al 2 Maggio, Galleria Comunale d'Arte Contemporanea, Arezzo.

giovedì 8 aprile 2010

Notizie

I Passi Perduti - Relazione di un congresso - Parte I

[…] Tutto questo configurava una situazione per cui, essendo ciechi, i congressisti parevano dotati di eternità.

Secondo Lady Selina Hackett, presidente onoraria dell’Organizzazione, essi avevano raggiunto questo stato supremo grazie alla pratica incessante delle letture morte e al culto dei lavori minuziosi. Mi fu fatto osservare che alcuni di loro, di certo una minoranza, non erano tuttavia giunti al punto di totale cecità, ma confesso che questi non si distinguevano in nessun modo dagli altri (per lo meno ad occhi profani), poiché si spostavano nel Palazzo dei Passi Perduti con la stessa serenità e con la stessa sottigliezza delle figure erranti che erano guidate dai cani.

I Passi Perduti - Un racconto di José Cardoso Pires

Pubblichiamo in quattro parti un racconto di José Cardoso Pires, scrittore portoghese non del tutto sconosciuto agli addetti ai lavori. Senza dilungarci troppo sulla biografia e sugli elementi salienti della sua vita, basti l'opera - l'operetta; in ogni caso, poichè José è un nostro amore di gioventù e dato che si tratta di una presenza ricorrente nella nostra esperienza (per un motivo o per un altro), ove lo riteniate utile, non esitate a contattarci per uno scambio di opinioni.

Il racconto, tradotto qui portoghese per il pubblico italiano, è tratto da "La Repubblica dei Corvi" (1988) e a nostro avviso nasconde interessanti suggerimenti per come impostare sia la vita sia la critica. Lo straniamento dovuto al tema non inganna e spinge alla riflessione.

Purtroppo non ci risulta che l'opera (una raccolta di racconti) sia stata tradotta integralmente in italiano.; pertanto, se volete usare testo e immagini, fatelo pure, previa citazione. La diffusione delle conoscenze è troppo importante per porre limiti.

E ora, "I Passi Perduti".

domenica 4 aprile 2010

La propongo, stancamente

Pasqua alle sei
È domenica, del tutto implicitamente
Da un po' non si vedono Gli amici dei miei ™
Né il mio vicino di casa, Pasquale
Anche perché lui è al camposanto
Non vado a trovarlo, nemmeno ogni tanto.

sabato 3 aprile 2010

Pluralismo di codici, ovvero 2 parole 2 su chi sa le lingue e legge.

La poesia ha tra i suoi espedienti l'ambiguità del segno grafico. Il segno grafico dice più cose contemporaneamente, secondo il codice che noi vogliamo utilizzare; e questo è assodato. Tuttavia l'artistico non è la relazione tra il segno e il codice, che riguarda piuttosto una comunicazione diretta, non ambigua, lineare.
Passami il sale, ecco.
Noi vogliamo far riflettere sull'interpretazione personale del testo, e non come un professore moderno di scuola media; la fantasia del bambino non vale come critica, anche se suggerisce spunti di indagine interessanti, e non possiede i requisiti teorici. Possiamo cominciare a riflettere, invece, proprio con un elemento teorico, che piacerà agli H-demici, quale è la commistione di codici e la sovrapposizione di piani interpretativi.
Il lettore da manuale non gode di nessun tipo di rispetto, neanche del minimo che si deve all'intelligenza. Non si pensa mai, per esempio, alla pluralità del codice: egli è costretto nella sua lingua, o nel suo bilinguismo. Eppure, essendo a conoscenza del fatto che sia il latino che il greco sarebbero stati noti ai destinatari della loro opera, i romani copiavano dai greci lasciando che la lingua di questi ultimi venisse fuori dalla loro - segno che la multiculturalità è importante, almeno in circostanze tali da giustificare una conoscenza di segni di diversi codici.
La ricezione di un testo è un processo che passa attraverso gli innumerevoli codici che il lettore può, arbitrariamente, accettare o escludere. Per questo è un processo personale, e tuttavia non creativo.
Una rosa, anche se la chiamassimo culo, profumerebbe lo stesso?
Eh?
E, soprattutto, alla luce di quanto detto, chi saprà cogliere l'arte della poesia "Come"?
Le domande che poniamo non sono retoriche, ma richiedono - specialmente la seconda - una risposta che attendiamo ansiosamente.