venerdì 23 aprile 2010

ANIMALI D'EUROPA - Bichos (1940) le bestie di Miguel Torga a puntate poco appuntate

MAGO (3)

Fuggì sui tetti, sconvolto. La luna sempre più bianca, là in alto, lo guardava sdegnato. La città, addormentata, sembrava un cimitero infinito. Dal campanile di una chiesa si udiva un cinguettio mal augurante.

Aveva giocato in quel duello i suoi resti di dignità. E aveva perso. D’ora in poi sarebbe stata solo umiliazione, senza speranze. Lui, che aveva tenuto tra le braccia il corpo debole e delicato di Boneca, lui, l’eletto di Moira-Negra, lui, il compagno delle notti di Hilário, lui, Mago, relegato definitivamente a un mondo di pantofole e tappeti! Privato, per il resto dei suoi giorni, di pensare anche alla semplice brezza di umida freschezza che ora passava attraverso le sue narici lasciando delle goccioline sui suoi baffi… Condannato per sempre all’afa del maledetto salotto della signora Sância! Destino malvagio! E tutto per colpa della vecchia… Se non fosse per lei, invece di andare là sciancato e a mancare sinistri, si troverebbe al Tinoco a guaire come tutti gli altri, dopo aver fatto a pezzi Zimbro… Invece, arrancava penosamente per quel cammino di disperazione, come un moribondo che dà l’ultimo addio alla vita… Misero destino! Vessato, vinto, colpito sul corpo e nell’anima… E tutto per colpa di quell’odiosa bigotta!

Stava albeggiando. La campana da lontano suonò le cinque. Si erano aperte le prime finestre. Grandi macchie rosseggianti annunciavano l’arrivo ormai prossimo del sole.

Si fermò per leccarsi la zampa dolente e un brivido lo percosse tutto. La stanchezza iniziava a farsi sentire. Maledetta signora Sância! Se non avesse mai conosciuto quel soggetto…

A forza di guardare, si annebbiò la vista! Stava forse per svenire?!

Si appoggiò a un camino e rimase per un po’ di tempo senza nozione di sé, ansimando penosamente. Poi un’ondata di energia lo rimise di nuovo al mondo. Spalancò gli occhi. Stava meglio, menomale! Ci vedeva ancora bene. Poteva continuare.

In che razza di guai lo aveva messo quella cavolo di bigotta! E grazie a Dio se l’era scampata… Che bastonate… Per un pelo ci rimaneva sotto… Ma aveva ancora molte forze!

A pochi metri dal giardino di casa si sentì male di nuovo. Solo allora si rese conto che stava lasciando dietro di sé una scia di sangue…

Racimolò un po’ di forze riuscendo ad arrivare al piccolo muro che velava il paradiso della sua perdizione. Saltava o no? Che infamia, tornare alle coccole della signora Sância! Che nausea! Una vigliaccheria!

Ma a che proposito, ora, si presentavano le perplessità e le lamentele? Sì, a che proposito? Sapeva bene di non aver mai pensato di risolvere la situazione in modo diverso! Se per lo meno fosse sincero! In fin dei conti non si era mai sforzato molto per tornare libero. Non erano neppure passate una dozzina di ore quando aveva sentito la voce di Lambão, come un’eco della propria coscienza… E, infine, era tornato là ancora una volta! E era tornato perché voleva… Nessuno lo aveva obbligato… I rimorsi lo stavano forse consumando? No, no! Se fosse stato diverso, non la sopportava più quella casa. Ed era tornato! Sì, era tornato miserabilmente… E alla ricerca di che cosa? Di una pace marcia, di un conforto castrante… che abiezione! Che nausea!

E, addirittura, senza neanche poter accettare il suo degrado, Mago entrò dalla porticina della cucina stendendosi sulle braccia morbide della signora Sância.


FIM

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