martedì 20 aprile 2010

ANIMALI D'EUROPA - Bichos (1940) le bestie di Miguel Torga a puntate poco appuntate

MAGO (2)

- E hai lasciato Faísca!...

- Io?

- Lei ora sta con Zimbro... si dice in giro. Ha pure avuto cinque piccoli da lui…

- Sono miei! Solo miei! Sangue del mio sangue!

Fandonie. Aveva davvero fatto una triste figura. Parole codarde… quella figliata era di Zimbro. Si notava pure. Avevano tutti quell’occhietto cisposo… Era proprio diventato un pigro, un infelice, anche se non lo ammetteva. Le coccole della signora Sância lo avevano fatto cadere in disgrazia. Ah, ma le cose sarebbero cambiate presto! Non ne poteva più di essere accarezzato. Poco tempo prima era andato dalla compagna, pronto a imporre la propria autorità.



- Senti un po’, mi hanno detto che vai con chiunque a destra e a manca?

Ecco cosa aveva ottenuto in risposta:

- E magari!

- Magari?

- Le femminucce io non le ho mai rispettate!

Da ammazzarla! Ma alla fine Faísca aveva ragione. Lui la andava a cercare tutti gli anni e, in tali faccende, le donne esigono costanza.

Oltre a ciò era moscio e sconsolato. E aveva dimenticato pure i bei gemiti del periodo… che vergogna!

- Vieni stasera al Tinoco… ci ritroviamo là. Ciao…

- Ciao Lambão.

Era accaduto in giardino, nel pomeriggio, mentre la signora Sância schiacciava un pisolino. Lambão appollaiato sul muro faceva la ronda alla cucina del vicino, dove stavano cucinando il pesce arrosto. Per caso si era affacciato alla finestra proprio in quel momento, lo aveva visto e lo aveva chiamato. E l’altro, in buona o mala fede, ci era caduto. Ma non tutti i mali vengono per nuocere. Dopo la conversazione, aveva pensato a fondo all’accaduto, e ora era disposto a risuscitare da quella vita di perdizione a cui il destino l’aveva condannato.
Sì, era proprio là, a due passi dal Tinoco, il club dei gatti di mezza età. Ben posizionato, con l’uscita che dava su due quartieri della città, era stato fondato dal più grande vagabondo di quella generazione: Hilário. Era un vecchio tetto, quasi piano, ampio, alto, ma dal quale, in ogni modo, si poteva pericolosamente cadere. Una bella trovata. Inoltre l’edificio aveva l’uso di magazzino e Hilário aveva colto in pieno tutti benefici di quel posto. Così, un attimo dopo, i baci, i morsi, i graffi e i gemiti d’amore si erano trasferiti tutti là.

Bei tempi quelli! Quando corteggiava Boneca, una gattina bigia da far perdere la testa.

- Ciao!

- Miao…

- Benvenuta, bambolina mia!

- Miao…

Erano coccole dalla testa ai piedi. Dolci come il miele! Poi si era confuso con Moira-Negra, una pelle dura, incallita e robusta. Che guaiti in quelle notti!

- Zitta via, donna!

E così la zittiva! Poi però si era stancato. Infine quella smorfiosa di Perricha… Che fatiche. Gelosie, debolezze, mal di testa, una miseria!

- Così vai a finire male, figlio mio, è la tua rovina.

Le parole sante di sua madre.

- Cambia vita! Questa malvagia ti fa finire male.

Macché! Il vizio vince sempre.

Poi sua madre era morta di vecchiaia e amarezza, Perricha era scomparsa dal quartiere e lui, per caso, si era ritrovato nel giardino della signora Sância.

- Questa bestiolina sta male. Forse ha fame…

E la dolcezza della donna non lo aveva più lasciato. All’inizio aveva cercato di reagire, ma, infine, il suo corpo, il suo miserabile corpo, si era presto abituato all’ozio. Quella stupida bigotta pensava che l’amore fosse corrisposto. Idiota! Non si fa mai vera amicizia con i gatti. Solo che chi va con lo zoppo, impara a zoppicare. Col passare del tempo la debolezza si era impossessata di lui… è un attimo. Quando se ne era reso conto era ormai troppo tardi. Certe volte aveva delle tentazioni diaboliche. D’altro canto la vita era difficile. Si andava a cercare nella spazzatura e non si trovava neanche una lisca. Che altro fare, se non far passare il tempo… Ma benedetto agio! Pensando bene, sarebbe stato meglio se quella razza di zittellaccia non si fosse mai fatta viva. Sarebbe stato meglio vagare spelacchiato e moribondo, ma quantomeno avere una risposta pronta agli affronti che ora subiva.

- Guarda chi si vede, Mago il milionario!...

Quel mascalzone di Tareco. Da ammazzarlo di botte! E il brutto era che era capace solamente di farsi rodere dentro dall’indignazione. Non restavano in lui né forza, né coraggio. E per di più con il club pieno zeppo! Sembrava fatto apposta. Accidenti alla signora Sância e soprattutto a chi adorava sui suoi cuscini! Per colpa sua, ci mancava solo di prendere uno sputo in faccia.

- Come mai questa visita ai quartieri poveri? Fai volontariato?

C’era anche quel furfante di Zimbro. Guarda un po’! Simpaticone! Non contento di rubare la sua donna, di aver piazzato sulla sua testa due corna più alte delle porte, si divertiva anche a provocare davanti a tutti. Ah, ma si sbagliava di grosso se pensava di non ricevere nessuna risposta in cambio.

- Il signore dovrebbe essere più educato…

- Guardate un po’ come parla… Tratta gli amici come signori!

- Amici? Io non ho nessun amico della sua razza!

- Gli pesa la testa, poveretto!

Si imbestialì. Completamente fuori di testa si gettò nel vuoto. Purtroppo le dimensioni di Zimbro erano ben altre. Era rabbioso, aveva denti, unghie e forza. Contro tali armi che cosa poteva mai fare la semplice indignazione di un povero mortale, grasso e pulito? Poteva sì, essere lo zimbello della festa… Non azzeccò neanche il primo colpo! Agile e muscoloso, flessibile come un serpente, il nemico schivò la sua furia e rispose a dovere al colpo mancato. Poi fu uno scherzo! Una scarica di attacchi a tradimento, una mezza dozzina di colpi, roba da far fuori chiunque. Poco da aggiungere! A fine combattimento, quando ormai non ne poteva più e si era arreso, sanguinava e gemeva tanto che addirittura un poliziotto, là sotto nella via stretta, si era commosso. Nel club sembravano tutti pazzi di gioia. Faísca si rotolava a terra tutta contenta.

(Continua...)

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