mercoledì 30 dicembre 2009

Rosita de pasión



Eres muy majo, ¿como eres tu? 
muy maja 
no me hables mas nada, por favor    
¿si?, rosita de pasión          
Mira Javier, yo no se nada de ti   
ni tu de mi, olvídate por favor
Rosita, ¿otra vez?,¿tu en mi casa?
¡Vete de aquí!, ¡¡vete!!, que no te quiero
¿por que me echas?
¿que daño te he hecho?
Mucho.







Feliz año nuevo a todos. Po zi.

domenica 22 novembre 2009

Il Vulps è morto. Viva il vulps

Metà novembre: tutti i suoi ammiratori piangono Ciro, il volpino nano cresciuto nella capitale italiana presso una casa di studenti, non settimana corta.
Il povero cane, ignaro della vulpsaggine che lo contraddistingueva e perciò ancora più apprezzato dai suoi estimatori è venuto a mancare in circostanze ancora da accertare. Non esclusa la pista di un'azione vendicativa da parte della sezione militare antivulps stanziata dal ministero della difesa.
"Ha sofferto come un cane", ha dichiarato R.R.*, che meglio di tutti conosceva Ciro e che per molto tempo gli è rimasto vicino, accarezzando il suo fitto pelame fulvo. Sostiene che un semplice problema digestivo lo abbia strappato da questo mondo, ma chi ci assicura che non sia una copertura?
Intanto in molti condividono lo stesso sgomento di N.C., che è rimasta "Senza parole" e lo stesso scetticismo di chi non è pronto ad accettarne la scomparsa: " Intanto cosa ne sappiamo? Forse la notizia è falsa. Ho visto croci e altarini nella casa di residenza. Regalava gioia a tutti, cosa ne sarà di noi?".
Non tutti hanno avuto la fortuna di incontrarlo lungo il proprio cammino. A.C. dice "Avrei voluto conoscerlo", e come darle torto.
La sua codina a stantuffo non elargirà più allegria. Al richiamo del suo nome più nessuno si girerà. Il suo naso non annuserà più gli angoli del mondo. I proprietari non lo laveranno più sotto la doccia: questi ragazzi, ormai distrutti, che a vederli niente desterebbe il sospetto del possesso di un cane volpino viziato.
S.B. esprime il disappunto di averlo solo visto in foto: "Avrei voluto conoscerlo di persona prima di dargli questo estremo saluto".
Come dimenticare in data 17 novembre 2009 alle ore 20.00 la comparsa della tua reincarnazione presso il Café Restaurant Le Monceau di Strasburgo. È stato per noi tutti come vederti per l'ultima volta, anche se il signore con gli occhiali da sole ci aveva detto che ti chiamassi Simba. Sì, un leone (simba vuol dire "leone" in swahili), un leone in un corpo di volpe, un esempio di coraggio e furbizia.
Ciro, ci mancherai. Tu sei stato per noi emblema del vulps, ed era giusto ricordarti, anche per esorcizzare perdite più grandi che non hanno bisogno di uno stupido spazio su un blog.


* Per ragioni di privacy i nomi e i cognomi di chi ha rilasciato interviste verranno indicati con le sole iniziali


Ciao Ciro

domenica 11 ottobre 2009

per una concezione olistica del cane


Un giorno l’uomo inventò il cane, il cane: un animale subalterno?
La storia del cane —probabilmente qualcuno l’avrà già scritta— ebbe inizio nel momento in cui l’uomo decise di includere tale essere nella sua vita. Fece ciò per diverse ragioni, prima tra tutte per sopprimere la deficienza umana della velocità nell’attaccare la preda nell’atto della caccia, ultima tra tutte per il bisogno di compagnia e di adornamento del salotto di casa, o della casa in generale, o del giardino. Queste due necessità, ancora oggi vive, dimostrano che, come il cane, anche l’uomo è un animale subalterno al cane, pur non essendone pienamente cosciente.
Un giorno il cane inventò l’uomo… e questa è una storia che, personalmente, non sono ancora in grado di raccontare.
Il cane, non essendo capace di scrivere la propria storia, di registrare a lungo termine la propria memoria, non può far altro che subordinarsi inconsapevolmente alla storia che qualcun altro pensa e scrive per lui. Poiché questi, il cane, non si preoccupa minimamente della sua figura nel tempo e nello spazio e probabilmente preferisce oziare al sole o seguire gli odori a lui più congeniali, senza sentire il bisogno di tracciare un percorso specifico. In questo caso, forse, non dimostra tanto la sua subalternità, quanto il proprio potere decisionale e la propria libertà incondizionata. Non tutti i cani però hanno per abitudine il poltrire al sole, o sono liberi di vagare seguendo odori accattivanti. I cani che si possono permettere queste libertà sono i cosiddetti randagi, spesso oggetto della sofferenza umana; si crede infatti che questi non abbiano di che vivere, si immagina di mettere loro un bel guinzaglio e portarli a casa, cosa che tuttavia comporta una serie di obblighi dell’uomo nei confronti del cane. Dunque anche l’uomo, nella sua magnificenza, si dimostra subalterno al cane: pur considerandosi un essere superiore, dovrà rispondere a degli impegni che, se violati, sfocerebbero in questioni moralmente inaccettabili.
Esistono diversi tipi di cani, così come esistono diversi tipi di uomini, non in senso discriminante, ovvio. Per i cani la questione della razza è ancora ammissibile: è comunemente accettata e riconosciuta. I tanti tipi di razze canine sono opera del genere umano, create per rispondere a esigenze diverse. Si noti ad esempio l’evoluzione del Bull Dog inglese, un tempo snello e agile, usato dalla polizia, e oggi ridotto a un essere quadrato con scarse possibilità motorie. Inizialmente, forse, questa sperimentazione e differenziazione, aveva come scopo quello di dotare il cane di certe caratteristiche che lo aiutassero a svolgere compiti specifici; oggi le esigenze sono molteplici e più inclini a una questione meramente estetica. Tuttavia lo scopo di questo scritto non è discorrere sulla storia del cane, che ha circa 15000 anni, ma solo introdurre il lettore a una visione più ampia di quest’essere.
Conclusa questa breve parte informativa, passerò a descrivere un processo circa l’osservazione del cane da parte dell’uomo, ovvio, perché uomini siamo, uomini nel senso di genere umano, uomini e donne, non dive. Tale osservazione si dimostra molto più produttiva se ha come oggetto il cane meticcio, che, per natura, presenta una serie di peculiarità, certe volte apparentemente discordanti tra loro; senza nulla togliere al cane di razza che merita lo stesso rispetto del meticcio, comunemente chiamato bastardo.
L’osservazione del cane è cosa semplice e si compone di tre fasi.
Per prima cosa è necessario osservare l’animale cercando di identificare certi suoi comportamenti con i propri. Questa fase la chiameremo processo di umanismo canico e serve a eguagliare la posizione del cane a quella dell'uomo. Tutto ciò può richiedere diverso tempo, ma dipende comunque dalla persona, poiché esiste chi, per natura, riesca a passare per le tre fasi con molta facilità. Dopo ciò dovrebbe risultare naturale all’osservatore che, nonostante questo procedimento umanizzante, è impossibile che il cane diventi un uomo o viceversa.
La seconda fase consisterà quindi nel creare una sorta di unione tra uomo e cane che potremmo chiamare panismo umano-canico: uomo e cane, due esseri pensanti in natura, intesa come spazio generico.
Ecco così che giungiamo alla terza e ultima fase (visione canica) quella che permette di avere l’illusione di una osservazione "pura" del cane e che esige un ulteriore sforzo da parte dell’uomo che, per necessità, dovrà abbandonare la sua posizione panica (2° fase) e regredire alla prima fase; l’uomo tornerà ad avere il pieno possesso della propria coscienza e potrà tuttavia osservare il cane in modo diverso, ricordando la percezione sensoriale avvenuta durante la seconda fase.

Grazie per l'attenzione.

venerdì 9 ottobre 2009

Guardo ma non tocco

27/06/2009

QUESTA È UN'OPERA D'ARTE
TITOLO Il Ninja Surimo
LAPIS SU ROTOLO DI CARTONE

(Autore: M. M.)

martedì 29 settembre 2009

(Agli) Uomini e (alle) Donne


le foglie cadono, si rinfresca l'aria,
si sbianca la pelle, le giornate si accorciano
è autunno
Uomini e Donne!:
riempiremo di immagini e parole i nostri primi pomeriggi
lampade accese e riflettori spenti, forse
andrò a fare una passeggiata
la pelle abbronzata e il naso bruciato, forse
andrò in vacanza al mare

lunedì 21 settembre 2009

L'ennesima lamentela

È inutile prendersi in giro. Questo blog ha un solo genitore che gli vuole bene. UNA delle sue madri infatti lo lava, lo porta a scuola, gli compra l'astuccio e i quaderni, gli dà consigli, lo consola se i bulli lo prendono in giro, gli dice generalemente di non ascoltarli (pur sapendo che i bulli cambieranno nel futuro i mezzi ma non la sostanza delle loro azioni).
Per cui questo genitore si sente la libertà di scegliere come mandarlo vestito al giro.
Ora: uno è diventato allergico all'informatica tutto d'un colpo (è ormai a un passo dalla disiscrizione da Fessebouc, parola mia), l'altra mi sa che non prende più la connessione a scrocco e le è impossibile venire a visitare il pargolo. O quel che è peggio non considera le sue idee degne alla pubblicazione. Il povero Unding sta soffrendo, rendiamocene conto (si possono fare donazioni sul mio iban, informatevi).

Questa non è un'adozione a distanza!

P.s. Non ho mai deciso di divorziare...se gli altri due genitori volessero darmi almeno il mantenimento, non si sentano di troppo.

Firmato NêZ
e pubblicato con lo pseudonimo dell'autorità.

domenica 13 settembre 2009

Amparo

Amparo, ¿Que me has dao?
Yo, nada
Amparo, estoy enamorado de usted.
¿Sii?, ¿usted de mi?
Po zi.
Un petío, por favor.
Me has embrujao
¿yo a ti?
¿Que me has dao?
No ta dao nada
Amparo

Po zi.

domenica 6 settembre 2009

Parabéns!














La redazione fa tanti auguri di buon compleanno alla ritornatissima M.M.!
Eeeeeeeeeeeeeeeee!

giovedì 13 agosto 2009

Livre d'or


  • For ever and ever, together and tocare los collonis. Viva la Toscana!!!!!!!
David y Claus

  • Ils sont mis longtemps à faire l'arbre en or avec le pellican 120 ans :O et c'est beau et c'est grand 2m90
Zoé

martedì 28 luglio 2009

domenica 14 giugno 2009

Ho riso al parco.

L'une d'elles refusa avec mille grâces, expliquant copieusement en confidence, aux autres dames, bien intéressées, que son médecin lui interdisait toutes sucreries désormais, et qu'il était merveilleux son médecin, et qu'il avait déjà fait des miracles dans les constipations en ville et ailleurs, et qu'entre autres, il était en train de la guérir elle, d'une rétention de caca dont elle souffrait depuis plus de dix années, grâce à un régime tout à fait spécial, grâce aussi à un merveilleux médicament de lui seul connu. Les dames n'entendirent point être surpassées aussi aisément dans les choses de la constipation. Elles en souffraient mieux que personne de constipation. Elles se rebiffaient. Il leur fallait des preuves. La dame mise en doute, ajouta seulement, qu'elle faisait à present "des vents en allant à la selle, que c'était comme un vrai feu d'artifice... Qu'à cause de ses nouvelles selles, toutes très formées, très résistantes, il lui fallait redoubler de précautions... Parfois elles étaient si dures les nouvelles selles merveilleuses, qu'elle en éprouvait un mal affreux au fondement... Des déchirements... Elle était obligée de se mettre de la vaseline alors avant d'aller aux cabinets". C'était pas réfutable.
L. -F. Céline, Voyage au bout de la nuit
Che più o meno sarebbe:

Una di esse rifiutò con mille smancerie, spiegando molto confidenzialmente, alle altre signore, interessatissime, che il suo medico le proibiva ormai qualsiasi dolciume, e che era meraviglioso il suo medico, e che aveva già fatto miracoli in fatto di stitichezza in città e altrove, e che con altri, lui la stava guarendo lei, da una ritenzione di cacca di cui soffriva da più di dieci anni, grazie ad una dieta particolarissima, grazie anche ad un meraviglioso medicinale da lui solo conosciuto. Le signore non vollero affatto essere superate con tanta facilità in materia di stitichezza. Loro soffrivano di stitichezza meglio di chiunque altro. Si stavano opponendo. C'era bisogno di prove. La signora messa in discussione aggiunse soltanto che faceva adesso "dei peti quando andava di corpo che sembravano fuochi d'artificio... Che a causa delle sue nuove feci, tutte ben modellate e resistentissime doveva raddoppiare le precauzioni.... Talvolta erano così dure le meravigliose nuove feci, che provava un male terribile all'ano... Lacerazioni... Era costretta a mettersi della vasellina allora prima di andare al gabinetto". Inconfutabile.
Che si vede che in italiano è più volgare? E dite la verità, la versione francese manco l'avete letta.

lunedì 8 giugno 2009

PreferenZe

Ogni volta che vado a votare ✍,
l'unica bella sensazione che mi accompagna è


rientrare nella mia vecchia scuola elementare

venerdì 5 giugno 2009


-Che cosa vuoi mangiare?


-Nulla


-Sei proprio sicuro?


-Non so... Vorrei un riccio di mare ripieno di crema alle nocciole, ma so che non esiste.

lunedì 25 maggio 2009

Anticonformismo e Digestione




            :-  Ignoro l'ordine delle cose e penso che se ci fosse davvero un ordine sicuramente riuscirei a trovarlo!
Forse però il mio problema non è il mio senso di inadeguatezza rispetto al suddetto ordine, ma solamente un desiderio di astrattismo e anticonformismo che ai miei occhi, e agli occhi del mondo, ordinato o no che sia, rende la mia figura interessante proprio per il mio peculiare modo di esistere e di relazionarmi con tutta quella serie di banalità e semplificazioni che mi circondano e che spesso io riduco ad un'unica grande categoria che spesso chiamo umanità o, confondendomi, società. 
Certe volte ho l'impressione di non essere convincente, poi però se mi guardo da fuori e mi confronto mi convinco che comunque lo sono anche per il semplice fatto di aver scelto un paio di pantaloni di un certo colore rispetto ad un altro... è però possibile, chiedo io, essere convincenti credibili e capibili allo stesso tempo? Credo proprio di no! La cosa migliore da fare, forse, è non cercare di includere i miei traumi personali e non ancora superati, nel senso di non digeriti, non di dimenticati, per riuscire, forse a capire se questa condizione di estraneità nasce da una incapacità di "mangiare, metabolizzare e cagare", a favore di un "mangiare e vomitare". Mangiando e vomitando si è alternativi in tutti i sensi, forse, e per poco tempo, che non è il tempo della vita, ma quello della credibilità e dell' insoddisfazione. "




(M.M)

sabato 16 maggio 2009

Riflessione sul ricordo

La differenza, evidente, tra procedimento e oggetto sta nel divenire del primo opposto all’essere del secondo.
Il procedimento risente della finalità. Capaci di vedere il futuro, guardiamo con timore al passato poiché in esso vediamo il monito di quello che è stato, e non sarà più; e odiamo gli altri, i quali, non essendosi fermati nei migliori momenti della nostra vita che è stata, ci ricordano che questi non torneranno più. Grande invenzione, dunque, quella che ci permette di salvare in una immagine un momento, o un oggetto, che, fattosi forme e colori convenzionali, diventa rappresentazione del ricordo, presente oggi solo nella verità del pensiero ma non più in quella della materialità; da qui, la grandezza supposta della fotografia, in questa funzione di ricordo materialmente presente oggi al di fuori del nostro pensiero. Ma quanto misera questa grandezza, se fosse così ristretto il suo ventaglio di possibilità. Un uomo per bene non coltiverebbe mai questa tecnica sapendo che l’unico risultato che da quella potrà venire è una fittizia immagine di un ricordo.
E nemmeno lo farebbe per rappresentare il mondo materiale. Che senso ha ricopiare, al pari di un quadro ben fatto, l’istantaneo di un momento del mondo materiale? Anzi, su di una tela noi vediamo un qualcosa di diverso, rispetto all’istantaneo; noi vediamo accettate o discusse le convenzioni dell’osservazione, la spiegazione delle regole che l’occhio dovrà seguire perché nella mente si formi un referente dell’espresso, o le forzature di quelle. Ma ancora: se dovessimo dar retta a chi dice che la fotografia è la rappresentazione del reale così come è, cadremo già nell’errore di ritenere quella che è una rappresentazione fedele della percezione la realtà materiale, mentre la fotografia resta un insieme ordinabile di forme e colori, e non è se non un oggetto terzo.
Diranno ora: ma anche il fotografo più puro, se pure non cerca di ritoccare artificialmente i propri scatti, rappresenta la realtà così come lui la vede in un certo luogo e tempo. Ma dove, allora, l’interesse nel fingersi un altro per vedere una cosa che a questi piacque? E non sarebbe, forse, una comunicazione lineare, non complessa e quindi non artistica, in senso generale? Non è capace di stimolo artistico ciò che non è minimamente ambiguo; non lo è un messaggio decodificabile in maniera logicamente univoca, non lo è la comunicazione, così come non è una poesia un giornale in una edicola.
E quindi, un intervento sull’immagine è necessario. E il primo, che non ricorre a strumenti, ed è il più basilare, è la prospettiva, che non si trova se non nella mente dell’uomo come regola, prima che nell’oggetto fotografia. Poi i colori, la loro disposizione forzata o scelta, ma sempre calcolata, anche nello scartare o valorizzare uno scatto. Infine, bastando questi due elementi, la soggettività del fotografo nel procedimento sarà talmente marcante che nulla più di effettivamente reale – o piuttosto materiale terzo - apparirà nell’oggetto finale.
Questo resti come scontato; perché il punto è poi un altro, cioè se sia o non sial’arte della fotografia quella che, elaborando il reale, giunge al pensato inesistente nella materialità. E lo è, esclusivamente.

domenica 10 maggio 2009

Ci cerchiamo,
ci troviamo,
e quando siamo troppo simili
esplodiamo.









sabato 25 aprile 2009

Vi garba?

Meglio prima? O questo leiaut vi garba? Credo che i contenuti si vedano meglio. Ma se i miei coblogghere mi contraddicono, si cambia subito. Che poi vorrei anche sapere quando leggeranno questo messaggio. Gli faccio brutti tiri alle spalle. Ma se non ci fossi io a tirare avanti la baracca...

giovedì 16 aprile 2009

D'in su la vetta della torre antica


ATTENZIONE

Apprendiamo con rammarico la notizia che i passeri in territorio italiano sono diminuiti del 50%.
Si prega quindi di non continuare a lasciare briciole sui davanzali, per varie ragioni:
  • Non è più inverno
  • I passeri si stanno estinguendo

domenica 5 aprile 2009

Lézardes

La staticità di alcuni momenti non riesce, heureusement, ad occultare la grande aria di cambiamento che tenta di uscire con violenza da un guscio già coperto di crepe.

Questo sole mi confonde, odiamo accettare la chiarezza. La luce solare rappresenta oggettività; il buio ed il sogno, soggettività - e di conseguenza ragione. Mi chiedo dove siano quelle parole che giustificano questa affermazione.

E intanto, ciò che ci circonda è solo di passaggio. De-cado, e non so se mi de-rialzo.
Che lo vogliamo o no,
nell'apparenza e nel reale, nel regno fisico e in quello astrale, tutto si dissolverà...

SOLUZIONE:
cercheremo di volerlo, così vedremo esauditi i nostri desideri. Il trucco sta nell'aspirare al possibile.

Non siamo buoni, siamo contenti

venerdì 27 marzo 2009

Hip hip

Un hurrah! per chi torna
E un hurrah per chi parte e si ricorda.

Dare le spalle significa guardare qualcos'altro.

Si vous ne trouvez plus rien, cherchez autre chose.

giovedì 5 marzo 2009

Omaggio alla Partenza

Stasera vado via,
Stanotte sarò di ritorno
Amore aspetta,

prova a passare dalla porta che non c'è.

M. M.

martedì 24 febbraio 2009

Civilisation

Nonostante il poco piacere che abbiamo nel proporre, in guisa di spiegazione, delle metafore, la civilizzazione può essere paragonata senza troppa inesattezza al sottile strato verdastro - magma vivo e detriti vari - che si forma sulla superficie delle acque ferme e si solidifica talvolta in crosta, finché un sommovimento non venga a sconvolgere tutto. Tutte le nostre abitudini morali e le nostre pratiche di buona educazione, tutto questo manto di colore fresco che vela la crudeltà dei nostri istinti pericolosi, tutte queste belle forme di cultura di cui andiamo tanto fieri - poiché è grazie ad esse che possiamo dirci "civilizzati" - sono pronte a svanire al minimo turbine, a rompersi al minimo urto (come lo specchio tenuto da un'unghia il cui smalto si stacca o si scalfisce), lasciando apparire negli interstizi lo spaventoso stato selvaggio, rivelato dalle crepe, come dovrebbe essere l'inferno nei terremoti, quando quelle rivoluzioni d'ordine cosmico fanno scoppiare la fragile pellicola della periferia terrestre e denudano momentaneamente il fuoco centrale, il cui ardore cattivo e violento mantiene allo stato liquido persino le pietre. Non passa giorno in cui non rileviamo qualche segno premonitore di una simile catastrofe, di modo che possiamo veramente dire non di danzare o di restare in piedi su un vulcano, ma che tutta la nostra vita, perfino la nostra respirazione sia legata alla lava, ai crateri, ai geyser ed a tutto ciò che si avvicina ai vulcani, e che di conseguenza essa deve essere capace, appena le si accosta uno specchio abbastanza spesso e dalla superficie sufficientemente sensibile, di tracciarvi delle grandi linee dai colori solforosi.
Un'unghia femminile rossa ed appuntita come una zanna di rubini (ci si stupisce che il sangue sia rimasto in mezzo e non sulla punta) unita alle ferite delle pietre preziose tagliate per mezzo di utensili acuti e duri che scalfiscono il minerale e lo riducono ad una costellazione di angoli a loro volta micidiali, un atteggiamento che improvvisamente si lascia andare, un gesto fugace commovente come la vela che d'un tratto si gonfia su un mare che comincia a schiumare, ecco dei segni preziosi che ci fanno capire meglio a che punto ci avviciniamo ai selvaggi, i nostri ornamenti vari di drappi e tessuti scuri o accesi non sono per niente diversi dai costumi fatti di pelli e di piume, dove sottostanno tatuaggi che disegnano misteriose avventure sui corpi, come la scrittura degli astri che che dà il pronostico aereo degli avvenimenti umani...
Siamo stanchi degli spettacoli eccessivamente insulsi e che non portano a nessuna insurrezione, in potenza o in atto, contro la divina "buona educazione", quella delle arti che chiamiamo "gusto", quella del cervello che nominiamo "intelligenza", quella della vita che designamo con la parola dall'odore polveroso di vecchio fondo di cassetto: "morale". Ci sbaglieremmo qualificandoci come uomini vissuti, ma il fatto è che ne abbiamo abbastanza di questi intrighi sempre uguali, presi in prestito dal nostro modo di vivere, ogni giorno più screditato, e che non ci basta agire in un modo equivalente a quello, per esempio, di quei selvaggi che pensano che il miglior utilizzo possibile di un palo telegrafico sia di trasformarlo in freccia avvelenata (poiché non è forse pressappoco ciò che facciamo noi quando facciamo diventare una maschera o una statua costruita con degli scopi rituali precisi e complicati un volgare oggetto d'arte - ingiuria infinitamente più sanguinosa che quella fatta alle invenzioni europee dai già citati selvaggi, perché essa si attacca ad una mistica fatale e grave, e non a questa telegrafia, frutto di una scienza che non disprezzeremo mai abbastanza?) Siamo sazi di tutto ciò, ecco perché ci piacerebbe tanto avvicinarci in maniera più completa alla nostra ancestralità selvaggia, ed apprezziamo quasi soltanto ciò che annienta in un solo colpo la successione dei secoli e ci pone, del tutto nudi e spogliati, davanti ad un mondo più vicino e più nuovo. […]

M. Leiris, Civilisation, in Dictionnaire Critique, "Documents", 1929 

domenica 1 febbraio 2009

AttendeZ encore un peu.

...e quando sarà pronto...entrerà fragoroso...ma per adesso, i lavori in corso mi garbano, esciopiacere.

sabato 31 gennaio 2009

(Ding!)



La costante visione del mondo
rende apparentemente insensibili le anime sensibili
Anime: non altro che
nasi che odorano
occhi che osservano
mani che toccano
cani che camminano: i cani camminano
i piccioni cagano
la bocca:
La costante visione del mondo

giovedì 29 gennaio 2009

Omaggio al Ding (nel silenzio)

Un insieme di solitudini: la sala di una biblioteca.
Lettura silenziosa di testi molto —o poco— letti, quotidiani, romanzi, poesie, fotocopie, quaderni di appunti, fogli sparsi.
Migliaia di penne, lapis, matite e parole.
Computer portatili connessi su messenger, motori di ricerca, pagine di posta elettronica, youtube, facebook e la faccia di Rousseau su wikipedia.
Mani che scrivono.
Vedi teste chine o occhi curiosi e pensatori. Senti bisbigli di voci, qualcuno sorride e si guarda protetto da una parsimoniosa volontà di nascondere una complicità che non ha bisogno di vergogna. Senti sghignazzi maliziosi.
Facce interessate, occhi che decifrano lettere, parole, frasi: concetti da memorizzare, forse. Occhi stanchi dietro lenti sporche; qualcuno guarda il grande orologio appeso alla parete, uno invece cammina leggiadro per il corridoio con i libri in mano in cerca di un posto.
I rumori di sottofondo accompagnano la lettura: una porta che si chiude, schiamazzi lontani che rompono la noia, mani che sfogliano libri. Un lieve soffio di vento solleva il mio foglio scritto solo per metà: il mio vicino ha cambiato pagina. Il rumore del cellulare che vibra sul tavolo simula il rumore proibito di un peto, se arriva uno squillo o un messaggio. Altrimenti si sentirà un “pronto” al di là della porta a vetri che separa il silenzio dalla vita.
La pazza che riflette a voce alta, con quei capelli incredibilmente sporchi appiccicati alla cute. Il pazzo pavido che affondato nel suo enorme piumino vaga in cerca di un gran bel libro di parole da leggere.
La distratta diversità della solitudine di un luogo silenzioso per obbligo; un posto in cui sembrerebbe tutto calmo, ma che nella sua quiete apparente dimostra con estrema freddezza che silenzio e normalità non sono altro che le scontate illusioni di quei poveretti che, irritati, continuano a sbuffare un nervoso: “sc!”

M.M.

martedì 27 gennaio 2009

Caso_

Non ho mai creduto davvero che esistesse il caso. Penso di aver riflettuto molto su come gli eventi si susseguano in maniera tale che tutto ciò che è accaduto è stato solo per portarmi a vivere questo momento.

Con questa idea sono tornato a casa, dopo aver visto per (quello che uno chiamerebbe, non essendolo) un puro caso un’esposizione temporanea al Centro Culturale di Belém. Avevo giurato che il Centre Pompidou sarebbe stato il mio ultimo museo, la collezione definitiva; alcuni, saputo del giuramento, mi hanno accusato di non essere abbastanza risoluto quando ho accettato di fare due passi al Museo di Arte Antica per vedere come i diavoli tentavano Sant’Antonio (l’altro). Colpito dai sensi di colpa e perché volevo dimostrare che sono capace di starmene almeno un mese saldo nelle mie risoluzioni, ho cercato un’alternativa a quelle stanze buie dove trasudano noie post-rinascimentali e, a dirla tutta, pure tanta incapacità. Non sono riuscito a rifiutare la gita nei sarcofagi dell’arte, ma il giorno dopo, preso spunto da quelle alternative non considerate, sono andato a vedere l’esposizione della collezione fotografica del BES (una banca, mecenate immateriale); niente di che, nulla che non si fosse già visto ma molte cose che fa sempre bene rivedere. Accanto, zitta zitta, la vera esposizione che mai avrei visitato – se non per una casualità.


Opere di gente molto divertente che avrebbero risolto diverse serate, tra cui spicca un’artista, Vieira da Silva. Hanno già scritto e detto molte cose sulla persona, e sull’opera. Io non lo sapevo, non la conoscevo (ma se è vero che non voglio neanche sapere se sia esistito un uomo prima di me, varrà pure per le donne).


Mi ha commosso il disperato tentativo, a tratti limpidamente riuscito, di dare un sentimento alla prospettiva. Non di avere una prospettiva dal sentimento; non si parla di punti di vista. Quello che lei ricerca nell’opera è proprio il significato artistico della prospettiva, senza alcun tipo di formalismi dell’organizzazione dello spazio. Prova a dare un valore artistico alle relazioni mere, utilizzando lo spazio della tela come vera finestra sull’io che interpreta soggettivamente la materia e lo spazio; e mentre rappresenta la relazione artistica, la crea. Gli schizzi, gli studi preparatori sono esemplari ed elucidanti.


Un’altra cosa va notata: la raffigurazione della massa. Della folla, si intende; una sineddoche non banale (perché l’uno della moltitudine di per se lo è divenuto) nella quale lo studio del sentimento della prospettiva cede il posto alla rappresentazione della coscienza. Come è stato scritto da altri, la coscienza è la dimenticanza tanto come il ricordo è memoria. La prima lavora per cercare di cancellare tutto ciò che ci può sorprendere, e questo, senza essere minimamente negativo (sempre che abbiate anche voi una morale provvisoria), si risolve nell’unità della folla di Vieira da Silva, un insieme che vive e muore assieme nella Rivoluzione Francese così come nella Guerra Mondiale. Per questo la città contemporanea non è il mostro agglomerante che spesso si pensa, ma è una comunità accogliente - per chi voglia delegarsi.


Questa riflessione mi si è presentata dopo che, per caso, ho letto Benjamin.

lunedì 26 gennaio 2009

Olhar

Parece quase que quis esquecer das palavras, das imagens, do espelho que olhava p’ra si como se fosse outra pessoa.

Às vezes é preciso não pensar, pensava. Ao mesmo tempo pensava contradizendo o em que acreditava. Outras vezes é preciso dizer disparates até a boca se secar por necesidade de vinho ou de outra coisa qualquer. Beber tudo o que há, -se for vinho é melhor!- gritava.

Gritava no pensamento, graças à sua cabeça cheia de bichos podres. Era o que ele pensava de si, do que há entre a intrioridade mais próxima ao corpo. Para não pensar é preciso viver nesse limbo e lutar contra as vozes más que são, deveras, as borboletas da cabeça.

A sala estava cheia e ele olhava para si mesmo. As vozes eram cantos singelos de sonhos irrealizados. O seu sonho, naquele momento, era o de ganhar o Euromilhoes. Era o que queria mais na vida. Sonhos pequeninos para homens que sonham só com o dinheiro. Dinheiro e riquezas e um lugar no mundo onde não é preciso trabalhar. Oxalá se também fosse com gajas a servir refrigerantes…que bom, meu!

Ninguém sabe para quem trabalha.

Que bom se a vida fosse só flores e ondas no mar, se fosse só cús e mamas jovens.

A pega, minha vizinha, robou-me todo o dinhero,ou foi eu que lho ofreci com muita vontade?

Ela pensou que mo tinha roubado porque lhe dei mais do que é costume e isso aconteceu porque naquele dia estava particolarmente apaixonado pelas suas formas que já sabiam de velhice.

Gostava de corpos velhos e cansados por causa de trabalhos que nunca foram fadigas e que são das mais antiguas manções que a mulher cumpriu na vida.

Vender o corpo é normal, é costume, é uma das coisas mais lindas, as vezes paixonal, outras assim mais indiferentes, outras nojentas que até vomitam sozinhas, outras que nem parece verdade. A cama é o espelho do irrealizável, a união é disjunção de corpos;

é por causa disso que as pessoas odeiam-se, porque não conhecem as camas do mundo. A almofada é que conta?

E ele continuava a ficar sentado.



M.M.

Nas.O2

Non c'è bisogno di passare dalla piscanalisi per interpretare la mia ossessione per i nasi.
I nasi a patata, i profili greci, quelli aquilini, i nasi rotti.
Stin stin.

La voluttuosità di un naso che respira, fonte di vita per l'organismo. 
Mezzo per cui l'aria invisibile porta dei nutrienti ad un corpo che vediamo e tocchiamo.
Processo alchemico di cui è il punto di partenza.
Magia dell'ossigeno, trasformazione dell'aere in vita.
 Sporgenza del viso, caro naso! 
Ti voglio bene.


giovedì 22 gennaio 2009

Il mondo va avanti

La Signora Carlo ha ieri deposto il suo primo uovo, tante congratulazioni. Chissà com'era imbarazzata!

Ecce ovo

Ho un cerchio alla testa, stasera.


Era ora, credo, che le nostre corrispondenze private fossero rese pubbliche. E non parlo solo di quello che abbiamo visto a Vidual, e di quello che ci siamo scritti poi.

Ma perchè, poi? Per una ragione molto semplice: siamo stanchi di tanto rumore, di tanta gente che parla a voce alta. Noi siamo sicuri che quello che diremo non passa attraverso l'intensità della voce, ma scorre fluidamente tra le pieghe dei discorsi che facciamo. Per esempio quest'ultimo discorso, chi lo deve capire l'ha capito; ma forse l'ha capito male anche chi non lo doveva capire. Quando mi metterò di nuovo quella sua polvere nera, se non l'avesse ancora capito?

Noi di solito siamo gente che è per la chiarezza - nessun conflitto di interessi con la mia co-bloggher, io lo ero anche prima di conoscerla - attraverso un modo di esprimerci rigoroso quale è il nostro.


Ci piace proprio prenderci in giro, anche perchè voi sarete convinti che parliamo di noi e invece ci facciamo grasse risate su di voi così come passate nei nostri sogni - ma con molto rispetto per ciascuna individualità vera, e sempre seguendo una filosofia che altri ben più noti hanno sviluppato.

Ho giocato bene a carte, con una posta più bassa di quanto meritasse l'azzardo.
(No, no: niente di così ermetico, almeno non continuamente e sempre ben mescolato con le carte, vorrei dire le frasi, più facilmente spendibili.)

ma proprio bassa, eh

Mi spiego: io ho sempre avuto una certa paura del linguaggio. E l'ho detto anche da altre parti, senza contare le lezioni che tengo quasi ogni sera alla nobilissima Associazione di Pazzi e Sognatori, in una delle traverse di Rua da Rosa. Ma lì dico anche che, come con il Diavolo (o con Dio), alla fine tocca farci i conti per forza, siamo fatti così, mesmo, e allora tanto vale prenderlo in giro, questo diavolo di linguaggio. Se poi ci scappa il morto (fuori dalla metafora delle carte, e al di là dell'omicidio sacrificale/virtuale che ho commesso stasera), è un rischio che dobbiamo correre. C'è gente che si offende a chiamarla per nome.

Ma per favore, vogliateci bene lo stesso, e, vivaiddio, ricordateci come santi bevitori.

martedì 20 gennaio 2009

Un futuro da tagliatori di cipolle.


Bene. Non si sa dove andremo a finire (a Pratha?) con questo spazio, ancora i server non sono saturi delle importantissime informazioni che noi utenti gentilmente forniamo riempiendo i vostri cuori di gioia nel non leggerci, cari lettori.
Comunque sia, siccome il mio co-bloggher afferma che io sia la causa della formalizzazione di molti suoi problemi, allora formalizziamo, in un modo o nell'altro. Formalizziamo quello che forma non ha.
Purtroppo la distanza non ci permette di tenere aggiornato un quadernino cartaceo né il mouse ci permette di fare ritratti. Sicuramente non diventeremo famosi, perché come dice g.c., siamo giunti all'età in cui o si è già famosi o non lo saremo mai, ma sicuramente riempiremo il tempo, aumentando le nostre piccole ossessioni che ci accompagnano.
Ben contenti!

Un monde qui s'étend entre la solitude et les oignons.