giovedì 13 gennaio 2011

L'Arte Inutile

L'Arte Inutile
(Estratti sull'inutilità dell'arte
dalle lettere e dagli interventi di Germano dei Prati)



1. "Non penso se non a un forma di svago, se mi dicono dell'arte.
[...]
Certamente non in qualsiasi momento, nè quando mi pagano per produrla. Quando mi pagano per scrivere, o se qualcuno mi chiede il favore e la cortesia di un paragrafo introduttivo, di una summa, qualche riassuntino o la gentile ed educata risposta ad una lettera, come la sua, che non tratti soggetti di quotidiana banalità."

(1990)

2. "Ma a cosa serve veramente l'arte? Se non si tratta di una semplice formula di riempimento... Un palliativo della vita.
Pensiamo un momento a quello che realmente ci dice, ci comunica. La dimensione ultraterrena, quella spiritualità che stiamo cercando oramai di vederci, è così tanto soggettiva che un altro, se interrogato all'improvviso, non saprebbe individuarla, nè descriverla - non saprebbe proprio vederla, o sentirla.
La finalità didattica è tanto velleitaria, e mai funzionante neppure quando qualcuno, che ha letto molto e molto studiato, ce la spiega; percepiamo subito i limiti della lezione. E io, sinceramente non ho mai imparato niente da un'opera d'arte.
[...] Non possiamo che credere che un'opera plastica o una letteratura, quali esse siano, altro non sono che la rappresentazione di un mondo che non esiste se non completamente al di fuori di noi, da evitare oggi e sempre per non patirne la mancanza domani."

(1989)

3. "So che mi hanno accusato di rinunciare alla ricerca di un significato dell'arte, e di un senso. Non è vero: se l'ho lasciato capire, è perchè mi contraddico; se mi contraddico, è perchè non esiste ancora - e auspico al mondo intero che non esista mai - un sistema che racchiuda al suo interno tutte le categorie, tutte le forme della vita. E l'arte, è chiaro, è parte della vita.
La civiltà va avanti quando si accorge che i suoi confini, il mondo conosciuto, sono più piccoli di quanto non si sospettasse; allora li distrugge e cerca di avventurarsi oltre. A me non interessa avventurarmi tanto oltre: anzi, sto nella retroguardia. Però non lo faccio per essere un conservatore: ci sto per raccattare i pezzetti che gli altri lasciano indietro, e da quello che trovo mi sembra proprio che la società attuale si stia allontando dai confini che tenta di raggiungere. Contraddicendomi, mi avvicino molto di più alla scoperta dell'oltre."

(1990)

4. "Il realismo! Il realismo non è altro che un criterio squalificante di opera d'arte; e pensare a tutti quei bravi uomini spinti da chissà quali sentimenti che valutano positivo o negativo l'apporto dell'artista al progredire della civiltà, basandosi però su quanto è simile quell'alberello sullo sfondo di un paesaggio o quanto bello è un dialogo per la resa del linguaggio parlato, della lingua vera (!).
Il realismo non è mai stato un criterio di bellezza, nè di valore, per la critica di un'opera d'arte; chi la pensa diversamente, probabilmente opera un altro procedimento, parimenti degno a quello del critico, ma più simile a quello di un estimatore di copie. Davanti alla complessità del mondo, dinanzi a tutte quelle relazioni che l'arte figurativa non può rappresentare, e pur constatata la difficoltà che l'astratto ha nel rappresentare la verità delle forme, questi apprezza comunque il lavoro di fotocopia del mondo che l'artista realista tenta continuamente di produrre."

(1984)

5. "Mi sento sconfortato. Neanche un buon libro riesce a consolarmi, specialmente da un po' di tempo, ovvero da quando sto riflettendo più profondamente sull'inutile falsità dell'arte. [...] La nottata di Fridolin è sua, e solo sua; volercisi vedere sarebbe una violenza talmente intollerabile! E comunque, sarebbe mascherarsi da un'altro. Apprendiamo qualcosa, cresciamo, grazie alle sue vicissitudini... la menzogna è evidente dal momento che ogni creazione è precedente all'interpretazione soggettiva, che è il furto di cui sopra, ma è successiva all'ideazione, successiva all'atto generativo di cui l'opera è figlia: vale a dire [...] [che] vivere l'esperienza della lettura come cosa propria è mistificare la vita stessa.
[...] Per non parlare delle morti: la morte di un personaggio è la prova palese della bugia dell'arte."

(1987)

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