venerdì 18 giugno 2010

Cover

"[...] In questo senso non possiamo neanche escludere, una volta appurato il fatto che l'arte, la letteratura, insomma, queste forme espressive - voglio dire, non si può dire che una cantante che fa una cover di un'altro non vada bene o sia deprecabile; è un'artista, reinterpreta, fa sue istanze degli altri, ma c'è un esempio di creazione, in un senso - se si vuole, con le dovute cautele... quel senso di exemplum, di mostra, ehr, di mostrare le proprie capacità o il pensiero. Allora mi sono detto, pensavo, se si possa fare una specie di esperimento simile con un libro [...], un poema o una poesia, perchè se è vero che ci sono i riadattamenti che si alternano con le versioni integrali, penso a quelli per i bambini, non si sfugge dal peccato, dalla macchia, in questi riadattamenti, che guardano sempre al lettore, in pratica, al lettore al destinatario, in altre parole, anche... manca questo sentimento di interiore perfezione, ma perfezione non perchè è bello, eh, per la sua propria compiutezza; E invece una cover come quella che immagino guarda al suo interno, suo dell'opera, vi si muove, analizza le relazioni tra le cose, quelle presenti quelle che si rinvengono, poi le relaziona con l'Io che poi sarei io o chi per me facesse questa cosa, insomma un insieme di relazioni vecchie con un punto di partenza diverso, ma le stesse cose. Un punto di partenza che poi sarebbe un punto di definizione geometrico, della geometria degli spazi di queste relazioni; è dire: io non avrei niente a che vedere con te, come tutti, come tutti davvero, ma ti vedo e tra me e te si instaura un qualcosa, questa strana relazione artistica, e quello che io vorrei è che tu non solo mi dai qualcosa e io la ricevo passivamente, posso anche io cambiarti, rifarti [...] rifarti è farti nascere di nuovo, arricchita, Ultraopera, quasi a dire, consapevole di me-
[...]
ma una cover di un racconto come riuscirebbe a staccarsi dall'originale, non essere a sua volta prodotto terzo? Dovrebbe vivere fuori dalle logiche di mercato, se si può dire questo in un discorso così, vivere in un tempo critico, della critica benintesi, e confrontarsi continuamente col suo originale, col suo autore, con l'Autore primo; è il modo della critica vera, alla fine, propriamente una visione, cioè, astratta dal tempo materiale, in cui i secondi sono marcati dalle mutazioni dei significati
[...] quando mi fanno osservare che in certo senso c'è un senso della divinità, meglio ancora, della ricerca della figura divina, nel voler rappresentare forzosamente una cosa che di per se accadrebbe senza di noi e la critica, io dico che questi hanno ragione, e che va bene, non c'è proprio altro da aggiungere;
Riscrivere un libro è un gesto per rendere materiale l'unica vera strada che la critica percorre sconsideratamente, libera dall'analisi; o anche si potrebbe dire che l'analisi di un testo con gli strumenti convezionali a cui siamo stati educati non è altro che farne una cover, ma con una interpretazione insipida, monotona e sciatta."

3 commenti:

NêZ ha detto...

Germano.
Approvo la nuova veste, il fondo in simil-radica era troppo lussuoso.
Scusa; ora mi vado a coprire che fa freschetto.

DON'T JUDGE A BOOK BY ITS COVER.

M. M. ha detto...

in fondo c'è sempre chi ne fa le veci/feci (coppia minima)!

NêZ ha detto...

Come cane e cana