martedì 27 luglio 2010

herberto hélder




il celacanto
Tra gli ittiologi di questa città si racconta la storia di KZ, funzionario del ministero delle finanze, sposato, 54 anni. È una storia che sbaraglia ogni legge, ostacolando tutti quei tentativi che un uomo fa quando fornisce la versione completa di un potenziale biografico e il suo sviluppo. Per il ministero ciò potrebbe provocare uno scandalo, screditando il principio secondo il quale un funzionario funziona. E le famiglie lo sanno: un capofamiglia percorre tutti i cammini della responsabilità fino a cadere di capo in un fosso, sull’altra sponda, e rimane in contemplazione là in basso, e infine lo specchio di tutti i misteri si svela. Esiste tutta una serie di punti che, se umanamente visibile, coincide nella supposizione secondo la quale un carattere e il suo sviluppo, ovvero una vita, si esprimono nel tempo e nello spazio su di una linea perentoria, retta. Ma nelle considerazioni si include, per evidenziarne la coerenza, non un così detto punto di vista, bensì una certa emozione ittiologica, introducendo così, nel corpo chiuso della vita, un elemento inatteso che sconvolge ogni simmetria. Si tratta della pazzia ittiologica. Un ittiologo non agisce dentro le regole, si fonda fuori da esse, in questa emozione peculiare, emozione che unisce complessità e perplessità, visioni, decentramenti, cose ambigue o semplici – un’astuzia inapprensibile: uno stile antipode. Gli ittiologi comprendono il destino di KZ: rabbrividiscono all’idea della folgorazione che, a 54 anni, ha fatto visita al funzionario delle finanze. In questa comprensione c’è un po’ della giustificazione che loro stessi cercano, e l’eccitazione di rendersi conto che un’avventura ha bisogno di trovare i giusti presupposti. Il destino di KZ merita quindi un emblematico posto d’onore: l’esemplarità.


Davvero? Ed ecco l’ironia della moglie di KZ, ironia ammirevole, si intenda, per il potere corrotto grazie al quale in poco tempo riduce una vita rigenerata dalla passione a una frase diretta in cui il marito aveva perso un capo destinato a ragionamenti migliori. La signora KZ presenta uno stile robusto, molto forte. È la forza della stessa semplicità: una cecità, come dire, antologica. Il resto della famiglia si orienta grazie a un movimento laterale: possiede una funzione di ricorrenza, e lascia a quel potere una disponibilità sempre fertile, un’implacabile costanza di energia. Questa specie di istigazione offuscante è poi portata dal meccanismo degli affetti al piano degli argomenti, nasce così un insieme di pensieri dalle radici talmente forti e segrete che a confronto una qualsiasi tentazione ittiologica parrebbe terrificante.
KZ non era un ittiologo, e per questo la storia è ancora più affascinante. Vive in una zona buia e tranquilla, rispetta la legge, ignora gli intrighi ittiologici e il sistema magnetico della città. Ricettività diffusa, un tale disordine di vulnerabilità la cui alienazione si avvicina molto alla scienza dei veggenti. Il suo destino è una cristallizzazione luminosa.
Gli ittiologi o sono persone innocenti, o soffrono il fascino di certi preconcetti mitici, poiché stentano ad accettare che KZ non si sia mai interessato di ittiologia. Il primo contatto – fulminante- con la materia astrusa fu la lettura di una monografia sul celacanto, pesce quasi immaginario che fino a pochi anni fa si credeva scomparso e del quale si conoscevano solo fossili dispersi. Un giorno però qualcuno scoprì uno di questi animali rivulsivi, viveva in acque dimenticate, respirava tristemente, comunicando il suo terribile respiro vitale a tutto il pianeta, la più agreste memoria del pianeta. E il mondo degli ittiologi fu sconvolto da un’ondata di follia. Portavano da un lato all’altro fotografie del mostro con angolazioni differenti, appositamente spettacolari e violente. Cosa si faceva per alimentare l’immaginario dell’inverosimile e del truculento. L’illustrazione verbale era barbara, caotica, radicale. E questa follia percorreva la città da un lato all’altro, costruendo i suoi circoli appassionati e sterili tra le varie dignità quotidiane. Apparvero monografie folgoranti che descrivevano il pesce magnificente, un pesce con trecento milioni di anni, la sua testa mostruosa, le squame ossee, le pinne selvagge. Amore – è la parola giusta. Il puro amore degli ittiologi. Ma la città era invincibile. Il sistema funzionava: i giardini, e la polizia, e i nomi, le immagini cacciate in aria, il traffico delle metafore bancarie, o le stanze in cui ci si sveglia per morire, o i nessi dei ricordi, e la carne nera soprattutto quando gli incendi minacciano di passare di casa in casa, tutto: la vita intera bloccata come un giorno tra due notti, le paure, i ministeri. E gli ittiologi praticavano il loro terrorismo illuminato. Scrivevano monografie in cui la passione insita era capace di corrompere ogni obiettività: era una scienza ribelle.
E KZ lèsse una di queste monografie.
Non vogliamo immaginare ciò che successe. Ricordiamo solo quel modo eccessivamente esemplare di rispettare gli orari, sottomettersi a imposizioni e a sollecitazioni, riempire le giornate, non aspettarsi niente. Ricordiamo anche le abitudini di emozione e oppressione privata, gli incontri piatti e malinconici con i superiori, i colleghi, le persone, il mondo. Infine, questa presenza oscura delle comuni cose dell’universo: la pioggia, il vento, il sole, le nuvole, gli alberi. E ora l’improvvisa luce bianca, e il capo sospinto da questa luce. Pensiamo all’aspra sontuosità della luce, nel cuore, come il tessuto di un legno secco improvvisamente attraversato da un’energia vigorosa. Pensiamo alla veemenza, l’immagine raccontata, questo parlare che irrompe come una radiazione nucleare dalle monografie aperte sul tavolo con i piatti di filetto dorato attorno, le tazzine del caffè, la zuccheriera in cui è caduto un po’ di zucchero di canna. Possiamo sentire la voce della vecchia donna dire frasi sconnesse, senza un destinatario certo, mentre lava i piatti. È il teatro dolcemente sinistro delle voci. Voci livide, senza lume né pericolo. Il circolo delle voci familiari chiuse.
La fiamma. Una fiamma che si libera dentro al nuovo capo architettato in cima al corpo, che affronta il mondo e lo devasta, come l’avvento di Dio: il modo demoniaco con cui Dio deve sfondare le porte, quando, per annunciarsi, suona con le dita.
Allora KZ abbandonò tutto, e sparì. Lasciò detto: Vado a cercare un celacanto. E non è mai più tornato, non tornerà mai più.

1 commento:

NêZ ha detto...

Traductiones M.Mei imperant