giovedì 29 luglio 2010

La figlia del casellante

La casetta del casellante è accanto ai binari di metallo, ai piedi di una montagna così ripida che solo qualche albero speciale può arrivare a posarsi là, gattonando, afferrandosi con sue radici affilate, aggrappandosi alle zolle di terra fino ad arrivare in cima.
La casetta di legno sconquassata per via delle scosse costanti e dei rumori.
La casetta piccola in un terrapieno di venti metri accanto a tre binari.
Lì vive il casellante con sua moglie, contemplando il passaggio dei treni carichi di fantasmi che vanno di città in città. Centinaia di treni, treni dal nord al sud e treni dal sud al nord. Tutti i giorni, tutte le settimane, tutto l’anno. Migliaia di treni con milioni di fantasmi, che fanno scricchiolare le ossa della montagna.



Vittorio Corona, Velocità di un treno futurista, 1921
immagine (c) artnet.com

La moglie, da brava moglie, lo aiuta ad indirizzare i treni verso il proprio destino.
La responsabilità di tante vite soddisfatte ha donato loro un’espressione tragica sul volto. A mala pena possono sorridersi quando restano come sospesi, a guardare la propria piccola, una creatura di tre anni, graziosa, delicata, con gesti da fiore e da tortorina.
Passano i treni, con il fragore di ferri e lunghi metalli accumulati da tutta una città che ha sciolto gli ormeggi, di tanti fantasmi evasi ed ebbri di libertà.
La figlia del casellante gioca tra i treni della sua montagna con una confidenza sbalorditiva. Ignora che i bambini ricchi della città si divertono con dei treni piccoli come topi, con traversine di latta. Le ha i treni più grandi del mondo… e ormai li guarda con disprezzo.
È una meraviglia di bambina. Viva, spensierata, libera come se non volesse affezionarsi a nessuno. Si direbbe che un treno l’aveva gettata là mentre passava, per un puro caso.
Al contrario i suoi genitori vivono per lei, la contemplano, finché ancora c’è tempo, la viziano, la adorano.
Loro sanno che un giorno l’ammazzerà un treno.

(Vicente Huidobro)

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